Top

Teggiano è una città museo ricca di tesori d’arte, dichiarata patrimonio mondiale dell’UNESCO e visitata ogni anno da migliaia di turisti.

Che abbiate intenzione di visitare Teggiano in un giorno, o di passare più giorni in questa piccola fortezza medioevale, un itinerario dedicato alla famiglia dei Sanseverino non può mancare.

Furono proprio i Sanseverino, una delle più importanti e nobili famiglie d’Italia (1239 – 1552), a rendere Teggiano una roccaforte ricca di ineguagliabile fascino e di tesori d’arte.

Qualsiasi cosa creata o commissionata dai Sanseverino ha un gusto impeccabile e ha attraversato i secoli, imponendosi come modello per tutto ciò che è venuto dopo.

Basti pensare alla straordinaria Certosa di San Lorenzo a Padula, la più grande Certosa d’Italia costruita a pochi chilometri da Teggiano e voluta da Tommaso Sanseverino nel 1306.

Certosa di San Lorenzo a Padula (SA)

Itinerario dei Sanseverino a Teggiano

È a Teggiano che i Sanseverino spesero la maggior parte del loro spirito mecenatico, trasformando il borgo in uno scrigno ricco di tesori e di opere d’arte.

L’itinerario che ripercorre le tracce lasciate dai Sanseverino in città non può che partire dal Castello Sanseverino, oggi Macchiaroli.

Castello Macchiaroli, già Sanseverino

Il Castello di Teggiano in tutta la sua storia non è stato mai espugnato. Qui Antonello Sanseverino, Principe di Salerno e signore dello Stato di Diano, insieme a molti altri feudatari della zona, ordì la Congiura dei baroni, una sorta di sommossa fiscale contro il re di Napoli Federico d’Aragona e conclusa nel 1487 con l’accordo fra le parti.

Il Castello, infatti, fu ritenuto inespugnabile e resistette all’assedio degli aragonesi per tre mesi e il re Federico d’Aragona fu costretto a firmare il trattato di pace.

La Cattedrale di Santa Maria Maggiore

Nella Cattedrale di Santa Maria Maggiore da ammirare è sicuramente il monumento funebre di Enrico Sanseverino, commissionato dal padre Tommaso allo scultore Tino da Camaino per onorare le gesta del primogenito, morto giovanissimo nella Crociata a Gerusalemme.

La tomba di Enrico Sanseverino realizzata nel 1336 è, senza ombra di dubbio,  una delle opere più raffinate presenti nella Cattedrale di Santa Maria Maggiore a Teggiano.

Tomba di Enrico Sanseverino, Cattedrale di S. Maria

Dettaglio del Monumento funebre realizzato dal Tino

Chiesa della Santissima Pietà

La chiesa della Santissima Pietà fu sicuramente il luogo di culto più caro ai Sanseverino. Diverse sono le opere d’arte commissionate dalla famiglia ai più importanti artisti dell’epoca.

Tra queste, quella che più di tutte merita l’attenzione di uno sguardo è il Compianto sul Cristo morto, opera del maestro Giovanni da Nola.

Compianto sul Cristo morto.

Il gruppo scultoreo ligneo risale ai primi anni del ‘500 ed è posato nell’abside della Chiesa della Santissima Pietà, sopra un bel palco del 700.

Le sei statue lignee a grandezza naturale ritraggono al centro il Cristo appena deposto dalla croce circondato dal dolore della Madonna, della Maddalena, dell’apostolo Giovanni, del Nicodemo e di Giuseppe d’Arimatea, colui che nella tradizione resse i chiodi e la corona di spine posata sul Cristo.

L’opera fu fortemente voluta dai Sanseverino. Per alcuni la committenza fu del Principe Roberto II, per altri della sua vedova Maria d’Aragona. C’è chi, nelle figure di Giuseppe d’Arimatea e di Nicodemo, ha visto proprio la rappresentazione del Principe Roberto II e di suo padre Antonello.

Il Refettorio della Santissima Pietà

Nel refettorio del Convento della Santissima Pietà da ammirare è l’affresco commissionato dai Signori di Diano per omaggiare la salita di Cristo al Calvario che reca la data del 1487.

Affresco refettorio del Convento della S. Pietà

Lo stemma dei Sanseverino, posto in alto a sinistra, pare denunciare una committenza diretta.

Non mancano coloro che hanno voluto leggere, in quest’opera, significati politico allegorici legati alle vicende del Principe Antonello. Solo pochi anni prima, infatti,  quest’ultimo era stato protagonista sfortunato della congiura dei Baroni stroncata da Ferdinando, secondo re aragonese di Napoli.

Secondo gli studiosi, l’affresco conterrebbe più di un segnale del sentimento anti-aragonese che animava in quegli anni la famiglia Sanseverino, nonché della vicinanza politica di questi alla dinastia Angioina.

Ad esempio, l’unico personaggio maschile ritratto in basso a destra in mezzo a un gruppo di Sante Francescane è Ezeal de Sabran, che in vita fu al servizio del re di Napoli Roberto d’Angiò.

Sul lato opposto, vi è anche il Santo angioino per eccellenza, Ludovico da Tolosa, figlio di un altro sovrano Napoletano, Carlo II d’Angiò.

Inoltre, nelle insegne del gruppo di armati che sale verso il Golgota, colpisce poi l’uso ripetuto dello scorpione. Non è forse un caso che, in araldica, questo simbolo venisse utilizzato per indicare tanto il popolo ebraico quanto la volontà di non perdonare.

Dettaglio affresco La Salita di Cristo al Calvario

Dettaglio affresco La Salita di Cristo al Calvario

Breve storia dei Sanseverino

I Sanseverino sono stati una delle più importanti e nobili famiglie d’Italia. Di origine normanna, il capostipite del casato fu Turgisio, cavaliere normanno che ottenne la contea di Rota da Roberto il guiscardo come indennizzo per il servizio prestato durante la conquista del meridione italiano.

La contea di Rota, posta in una posizione strategica perché metteva in comunicazione il Principato di Salerno con il Ducato di Napoli e di Benevento, in seguito,  divenne di Sanseverino e da qui deriva il nome della famiglia.

A partire dal 1239 i Sanseverino furono signori di Diano, secondo l’elenco cronologico che segue:

  • Tommaso I Sanseverino (1239-1246)
  • Ruggero II Sanseverino (1266-1285)
  • Tommaso II Sanseverino (1285-1324)
  • Tommaso III Sanseverino (1324-1358)
  • Antonio Sanseverino (1359-1383)
  • Tommaso IV Sanseverino (1383-1387)
  • Bertrando Sanseverino (1387-1395)
  • Luigi Sanseverino (1395-1402)h
  • Tommaso V Sanseverino (1402-1432)
  • Giovanni Sanseverino (1432-1445)
  • Luigi Sanseverino (1445)
  • Roberto Sanseverino (1445-1474)
  • Antonello Sanseverino (1474-1487; 1495-1497)
  • Roberto II Sanseverino (1502-1508).
  • Ferrante Sanseverino (1508-1552)

Lo stemma dei Sanseverino

Lo stemma dei Sanseverino, in origine, era unicamente un campo d’argento, così come era lo stendardo sulla torre del castello di Diano.

Secondo la tradizione, durante la battaglia di Benevento del 26 febbraio 1266 contro Manfredi, Ruggero Sanseverino, per incoraggiare i suoi soldati in un momento difficile dello scontro legò alla sua spada una camicia intrisa del sangue di un capitano nemico da lui ucciso e formandone una bandiera, portò l’esercito alla vittoria.

Da quell’impresa, re Carlo I d’Angiò, volle che sull’antico stemma d’argento dei Sanseverino fosse posta una fascia rossa.

Le Battaglie dei Sanseverino

Ruggero sposò nel 1250 Teodora d’Aquino, sorella di san Tommaso, dalla quale ebbe un solo figlio, Tommaso II.

 

Ruggero, nel 1276, condusse una spedizione a Valona, per trasportare al di là dell’Adriatico rinforzi e vettovaglie. L’anno successivo, invece, ebbe dal re angioino, intenzionato a conquistare il Regno di Gerusalemme, il comando della flotta assemblata per l’occasione.  Una volta approdato ad Acri, colto di sorpresa il governatore Baliano e supportato dai templari, Ruggero Sanseverino non ebbe difficoltà a conquistare il castello ed a innalzarvi la bandiera angioina.

Divenne, dunque, vicario del Regno di Gerusalemme e giurò fedeltà a Carlo I, ricevendo l’omaggio dei nobili e cavalieri del luogo.

Dopo quattro anni di soggiorno in Terrasanta rientrò in patria a causa della minaccia aragonese che incombeva sul Regno di Napoli.

Nel maggio del 1284, in qualità di capitano di Salerno, ebbe la responsabilità della difesa della città dagli attacchi dei ribelli, mentre suo figlio Tommaso proteggeva la costa fino a Policastro.

Alla morte di Ruggero gli succedette il figlio Tommaso II, che fu molto influenzato dalla figura dello zio San Tommaso D’Aquino, tanto che si preoccupò personalmente della glorificazione di quest’ultimo.

La costruzione della Certosa di San Lorenzo a Padula

Nel 1306 Tommaso Sanseverino decise la costruzione della Certosa di San Lorenzo a Padula, paese vicino Teggiano.

 

Le ragioni della costruzione di questo magnifico monumento  furono soprattutto  politiche.

 

I Sanseverino, infatti,  volevano  ingraziarsi i reali angioini del regno di Napoli ed essendo i certosini un ordine religioso francese, la scelta di edificare un luogo di culto così imponente,  non poteva che essere estremamente apprezzata dal sovrano angioino.

Inoltre, il luogo scelto per edificare il monumento,  consentiva un controllo strategico del territorio, dei grandi campi fertili circostanti, delle vie di accesso al Golfo di Policastro e in generale di tutte le vie che portavano alle regioni meridionali del Regno di Napoli.

La Congiura dei Baroni

Nella seconda metà del 1400 i Sanseverino si resero protagonisti della famosa Congiura dei Baroni contro i sovrani aragonesi del Regno di Napoli.

 

Antonello, principe di Salerno, grand’ammiraglio del regno di Napoli, conte di Marsico e Signore di Diano guidò la congiura contro Re Ferrante D’Aragona dopo aver compreso le volontà di quest’ultimo di voler effettuare una modernizzazione dello stato. Il Re di Napoli, infatti,  mirava a dissolvere il particolarismo feudale e lo scontro con i baroni era sorto, inevitabilmente,  attorno al problema di una riforma organica dello stato, di cui uno dei punti cardine era la riduzione del potere baronale.

 

Il principe Antonello godeva del sostegno politico e bellico del Papato e di numerosi alleati. Ma, nonostante  la prudenza dei movimenti e il gran segreto dei piani e delle riunioni di congiura effettuate  in vari possedimenti dei Sanseverino, tra cui il Castello del Malconsiglio di Miglionico e il Castello di Diano, la congiura fu sventata dagli aragonesi.

 

La definitiva conclusione di questo movimento si ebbe nel 1487 nel Castel Nuovo di Napoli. Nella sala dei baroni furono, infatti, arrestati ed uccisi gli ultimi esponenti della congiura contro la corte aragonese. Fu lo stesso Ferrante d’Aragona che invitò nella sala i baroni, con la scusa di celebrare le nozze della nipote. Presto la festa si rivelò una trappola mortale e i baroni furono arrestati e messi a morte.

L’unico che riuscì a sfuggire alla morte fu proprio Antonello Sanseverino, che non fidandosi delle promesse della corona si rifugiò nel suo castello di Teggiano, reputando la città inespugnabile.

 

Federico D’Aragona, succeduto nel frattempo a Ferdinando, riunì un esercito di ventimila uomini, tra fanti e cavalli,  e dopo aver sottomesso la città di Salerno pose assedio al castello di Teggiano, dove il Sanseverino era deciso a resistere ad oltranza.

 

Era il 3 novembre 1997, in seguito non mancarono furiosi assalti che furono sventati dai cavalieri dianesi di Antonello.

 

L’assedio andò avanti per un mese e mezzo. Furono fatte proposte diplomatiche che prevedevano per il ribelle Sanseverino un indennizzo economico e una via di fuga protetta dalla garanzia milanese, pontificia e soprattutto veneziana.

 

La capitolazione avvenne il 17 dicembre, per fame, ma la città di Teggiano non fu mai espugnata.

 

A metà gennaio 1498, Antonello consegnò i suoi castelli e ottenuto il denaro pattuito, si spostò a Trani. Il 10 febbraio si recò a Senigallia, presso il cognato Giovanni Della Rovere. Lì morì circa un anno dopo, il 27 gennaio 1499.

 

Il nipote di Antonello, Ferrante Sanseverino, fu molto amato dalla Corona napoletana che lo inviò come ambasciatore alla corte di Carlo V per protestare contro l’introduzione dell’Inquisizione spagnola.

Le trattative di mediazione fallirono e Ferrante s’inimicò il viceré spagnolo Pietro di Toledo e dovette riparare in Francia presso Enrico II.

I suoi feudi vennero confiscati dalla Spagna e tra questi anche il bellissimo Palazzo Sanseverino di Napoli, attuale Chiesa del Gesù nuovo.

Con lui si estinse il ramo primogenito dei Sanseverino, quello dei principi di Salerno.

Tutte le opere riprodotte in foto sono di proprietà della Diocesi di Teggiano – Policastro. Tutti i diritti sono riservati ed è vietata ogni forma di riproduzione. Le foto presenti nel portale sono state autorizzate dalla Diocesi di Teggiano – Policastro con autorizzazione del 15.02.2022.

Scrivi un commento