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Chiesa di Sant’Agostino

Le opere d’arte della Chiesa di Sant’Agostino

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Nel corso dei secoli i signori dell’antica Diano, in particolare i principi Sanseverino, favorirono l’insediamento degli ordini religiosi anche allo scopo di arricchire la vita culturale e spirituale della città.

Tra gli altri, giunsero a Teggiano, gli agostiniani, che fondarono un convento di cui la Chiesa di Sant’Agostino fu parte integrante.

Il complesso si apre sulla grande piazza dedicata al Vescovo Valentino Vignone nella quale sono situati anche il palazzo della Curia vescovile, il seminario diocesano e il Museo Diocesano San Pietro.

Il portale della Chiesa di Sant’Agostino è preceduto da un ampio scalone in pietra, i cui gradoni vanno via via rimpicciolendosi.

La Chiesa ha una facciata a capanna e presenta linee vigorose, ravvivate dalla presenza di due finestroni posti simmetricamente al di sopra dell’elegante portale in pietra che reca la data del 1370, termine della fabbrica religiosa. Sul lato destro della facciata per chi si pone frontalmente ad essa è addossato il campanile a pianta quadrangolare.

Le opere d’arte della Chiesa di Sant’Agostino

Sulla parete immediatamente a destra del portone d’ingresso è collocata una tela tardo settecentesca, opera del pittore Feliciano Mangieri, originario della vicina San Rufo.  Il dipinto raffigura una apparizione della Madonna a San Gaetano di Thiene.

La scena fa riferimento ad un episodio mistico della vita del Santo. Come egli stesso ebbe infatti a raccontare in una lettera, nella notte di Natale del 1517 stava celebrando messa nella basilica romana di Santa Maria Maggiore, quando ebbe la visione della Madonna che gli deponeva fra le braccia il Bambino Gesù.

Nel dipinto di Mangieri, San Gaetano viene presentato in ginocchio, con la mano destra portata al petto. La Vergine assisa su una nuvola tra un contorno di angeli è ritratta nell’atto di porgere il bambino al Santo.

Sul lato opposto rispetto al portone d’ingresso, un’altra tela degna di menzione, una Madonna col Bambino tra i Santi Agostino e Monica nella quale, alcuni studiosi hanno intravisto similitudini con la pittura di Pietro Antonio Ferro, che fu attivo in Basilicata fra il 500 e il 600.

Al centro della scena assisa sulle nuvole c’è una Madonna sul capo della quale due angeli stanno ponendo una corona. Sulle ginocchia della vergine c’è il bambino raffigurato in una postura piuttosto inusuale, quasi stesse giocando o volesse farlo. Nella parte inferiore della tela si vedono invece i due Santi che volgono lo sguardo al cielo. Tra di essi spicca lo stemma dei Lepore, famiglia alla quale apparteneva il committente del dipinto, Antonio.

Un’altra opera da segnalare è collocata sul lato sinistro dell’unica navata, per chi si posiziona frontalmente al presbiterio. Tra il primo e il secondo altare laterale vi è, infatti, un Martirio di Santa Caterina d’Alessandria, dipinto seicentesco che fu realizzato, come recita un’iscrizione posta nella parte bassa, per devozione del gentiluomo Fabio De Lucia.

La scena riprende il racconto della morte della martire alessandrina, così come è stato tramandato dalla tradizione cristiana. Ben visibile, infatti, la ruota dentata che si vuole miracolosamente spezzata prima che potesse servire a torturare la giovane.

Al centro della tela c’è una Caterina inginocchiata che pare quasi anticipare il momento della decapitazione.

La folla dei torturatori è posizionata in modo da attirare l’attenzione sul volto della Santa che è segnato da un’espressione quasi estatica.

Nella parte superiore del dipinto, il Cristo risorto circondato da quattro angeli è pronto a porre sul capo della giovinetta la corona simbolo del martirio e della fede.

Molto particolare, infine, è la rappresentazione del committente dell’opera. L’immagine di Fabio De Lucia a mani giunte è nella parte bassa del quadro, sul lato sinistro per chi si ponga di fronte ad esso.

Sul lato opposto della Chiesa, al di sopra dell’altare laterale di mezzo è sistemato un pregevole dipinto settecentesco, raffigurante il transito di San Giuseppe. Autore ne fu Nicola Peccheneda, nato nel 1725 nella vicina Polla, che ha lasciato importanti testimonianze del suo lavoro in numerose località del salernitano e della Basilicata.

Anche in quest’opera, che porta la data del 1764, Peccheneda non rinuncia alle caratterizzazioni drammatiche tipiche della sua pittura. A sinistra per chi si pone frontalmente al dipinto, c’è un Giuseppe vecchio e malato caratterizzato da un forte pallore che quasi si confonde con il bianco dei cuscini sui quali è adagiato. Di fronte a lui il figlio Gesù che con un ampio gesto della mano destra pare indicare al suo padre putativo quel paradiso che, come vuole la tradizione cristiana, è ormai prossimo ad accoglierlo.

Oltre ad altri dipinti, tra cui un martirio di Santo Stefano di incerta provenienza, la Chiesa di Sant’Agostino conserva anche numerose statue di santi e due pregevoli elementi in legno decorato: il pulpito posizionato sul lato destro della Chiesa e la cantoria con organo a canne al di sopra del portone d’ingresso.

Annesso alla Chiesa sorge il chiostro di quello che fu l’antico convento degli Agostiniani. Le volte e le lunette del bel porticato recano ancora tracce di affreschi settecenteschi con episodi della vita di Sant’Agostino.

Architettura ed accesibilità

Nel suo complesso, l’interno della Chiesa ha conservato ben poco dell’impostazione trecentesca, tranne che per le mura perimetrali.

L’ambiente è segnato piuttosto da un’abbondanza di elementi barocchi, quali cornici e frontoni in stucco.

L’interno della Chiesa è a Navata unica occupata da due file di banchi.

Il passaggio è garantito dal corridoio che si apre fra queste, lungo il quale sono posizionate a livello del pavimento alcune antiche lastre sepolcrali.

Il passaggio ai due lati delle file di banchi è invece reso angusto dalla presenza dei confessionali e dei gradini su cui poggiano gli altari laterali.

Al termine del corridoio centrale si trovano due gradini che collegano la navata al presbiterio.

Immediatamente dopo questi si trovano altri tre gradini di minor superficie che conducono all’altare maggiore, costruito in pietra locale e proveniente dalla Contrada Vulcano è opera probabile del maestro marmorario La Maida.

L’abside, posizionato alle spalle dell’altare a forma poligonale, ospita un pregevole coro ligneo realizzato nel 1787 dallo Scultore Di Gioia.

Al di sopra di esso, entro una nicchia, vi è una grande statua in cartapesta di Sant’Agostino, anch’essa settecentesca, opera di Gaetano Navarra.

Tutte le opere riprodotte in foto sono di proprietà della Diocesi di Teggiano – Policastro. Tutti i diritti sono riservati ed è vietata ogni forma di riproduzione. Le foto presenti nel portale sono state autorizzate dalla Diocesi di Teggiano – Policastro con autorizzazione del 15.02.2022.

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